Nei giorni scorsi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato di fronte alla Camera dei Deputati. Il suo discorso è stato sentito, equilibrato ma chiaro nell’esposizione degli orrori causati da questa guerra. Ci ha parlato di Mariupol, la città di mezzo milione di abitanti completamente rasa al suolo dai missili russi. Ma anche dei 117 bambini uccisi finora nel conflitto e dei 2 milioni di rifugiati ucraini in fuga.

Di fronte ai fatti presentati da Zelensky, il dolore del popolo ucraino diventa anche il nostro. Draghi ha giustamente ribadito il sostegno dell’Italia all’Ucraina in questa guerra ingiusta, promettendo un aiuto negli sforzi di Kiev di avvicinarsi all’Unione Europea. Non deve sorprendere: l’Europa non può voltarsi di fronte ad una guerra di invasione sul proprio continente. L’Europa orientale è stata sotto il giogo sovietico per decenni, e non sopporta l’idea di tornare a ricevere ordini da Mosca. L’Unione, che si fonda sui valori della democrazia e dell’indipendenza dei popoli, non può che avere una visione geopolitica che protegga la sovranità di quei Paesi. Lo ha fatto con l’allargamento, può farlo ancora con Ucraina e altri Stati che desiderano entrare, ovviamente dopo i necessari passaggi di verifica di tenuta delle loro istituzioni democratiche.

Oggi gli ucraini combattono una guerra impari, contro un esercito professionale e numeroso. Eppure Zelensky ci ha dato un messaggio di pace, rifacendosi al proprio confronto con Papa Francesco. Ha detto che “bisogna porre fine alla guerra voluta da una sola persona.” Mi stupisce che di fronte ad una richiesta di pace di un Paese martoriato dalle bombe, una parte dei gruppi parlamentari di Lega e 5 Stelle siano usciti dall’aula. Mi auguro che tutte le forze politiche si schierino con unità dalla parte dell’Ucraina, come già l’Europa ha saputo fare.