Ad ottobre dello scorso anno, la Commissione guidata da Ursula Von der Leyen ha presentato la proposta di direttiva sul salario minimo. Di fronte alla libertà di movimento e al completamento del mercato unico, grandi disparità di salari non solo non sono tollerabili in quanto fotografano grandi disuguaglianze, ma diventano un fattore scatenante di dumping sociale tra i diversi paesi. Essenzialmente due sono i modelli che possono essere identificati per la fissazione di un salario minimo: la definizione per legge e la contrattazione tra le parti sociali. I paesi nordici incarnano, sotto quest’ultimo profilo, un sistema unico e particolare, in cui i diritti e le istanze frutto della contrattazione collettiva sono applicati ai lavoratori che sono iscritti al sindacato. Si oppongono quindi a qualunque testo che vada anche solo potenzialmente a scombinare tale assetto, trasformando istanze che oggi sono diritti collettivi in capo a coloro che aderiscono ai sindacati in diritti individuali di tutti i lavoratori.
La proposta di direttiva messa in campo dalla Commissione tiene quindi in considerazione i due modelli e tenta di rafforzare il ruolo delle parti sociali per quegli Stati che decidano di affidarsi alla contrattazione collettiva. Nell’ultimo anno, il testo proposto è stato oggetto di negoziazioni all’interno della commissione del Parlamento europeo per l’occupazione e gli affari sociali e i relatori (i coordinatori di PPE ed S&D, Radtke e Jongerius) si sono impegnati a migliorarne diversi aspetti. Il testo di compromesso frutto delle negoziazioni prevede alcuni punti particolarmente rilevanti. Viene innalzata dal 70% all’80% la soglia di copertura della contrattazione collettiva al di sotto della quale sono necessarie misure di intervento più forti (come la definizione di un piano di azione nazionale che lo Stato membro deve comunicare alla Commissione europea); viene eliminato l’articolo sull’introduzione di variazioni e deduzioni dal salario minino; viene rafforzata la parte relativa agli appalti pubblici, dicendo esplicitamente che anche i subcontractors devono rispettare tutta la normativa di riferimento; si richiede di assicurare l’accesso dei sindacati e si rafforzano i controlli sull’attuazione dei piani nazionali.
Il testo uscito dai compromessi introduce quindi senza dubbio miglioramenti alla proposta iniziale e oggi è stato adottato in commissione EMPL con 54 voti favorevoli, 10 contrari e 7 astenuti. In attesa che la plenaria confermi il voto della commissione, c’é da augurarsi che il negoziato con in Consiglio non annacqui queste istanze.