A fine ottobre sono andata in missione in Bosnia, insieme ad alcuni colleghi del Parlamento Europeo (Moretti, Bartolo e Majorino) per visitare i campi profughi della “Rotta balcanica”. Sappiamo da tempo come le condizioni di questi campi, in particolare di quello di Lipa, siano del tutto inadeguate per accogliere famiglie, bambini, uomini e donne che dalla Siria, l’Afghanistan, il Pakistan affrontano un viaggio terribile e lunghissimo con la speranza di entrare in Europa. Come europarlamentari abbiamo non solo il dovere di andare a vedere con i nostri occhi come vengono accolti e gestiti i migranti che scappano da paesi in guerra o in condizioni umanitarie terribili, ma anche quello di monitorare come vengono spesi e gestiti i finanziamenti europei. Dal 2018 l’Unione europea ha versato ben 88 milioni alla Bosnia per la gestione dei migranti e dei rifugiati.
Subito prima di partire abbiamo fatto tappa a Trieste, dove abbiamo incontrato associazioni e ONG che si occupano di accoglienza e integrazione di quelli che riescono ad arrivare in Italia. Sono state 4000 le persone arrivate solo nell’ultimo anno a Trieste, senza contare i migranti non registrati.
Arrivati in Bosnia, ci siamo immediatamente recati al campo di Lipa, che fino a qualche mese fa versava in condizioni terribili, dopo l’incendio che aveva distrutto i primi accampamenti. Alcuni miglioramenti li abbiamo visti; è in corso di costruzione un nuovo insediamento fatto di container riscaldati e di cucine e spazi comuni nuovi e attrezzati. Ciononostante, rimane l’idea di un modello di integrazione basato sul “confino”, cioè sul confinamento dei migranti in un territorio disperso tra foreste e montagne, sospeso nel tempo e nello spazio, molto lontano dai centri abitati. Come se, la regola generale sia quella che i migranti devono rimanere invisibili, lontanissimi dai centri abitati. Molti rifugiati ci hanno raccontato delle violenze e dei pestaggi da loro subìti quando provano ad attraversare la frontiera con la Croazia e dei numerosissimi respingimenti che continuano ad avvenire. Il terribile GAME, quel gioco dell’oca che ti riporta sempre alla casella di partenza continua ad essere la regola generale per questi viaggiatori senza speranza e senza diritti che non rinunciano a cercare una vita più dignitosa.
Molti sono dunque i problemi che permangono; tra questi anche l’ambiguità delle risposte che abbiamo cercato di ottenere da parte delle istituzioni locali sulla gestione dei fondi europei e inaccettabile continua ad essere la strategia croata di respingimenti illegali e forzati, essendo la Croazia un paese dell’Unione europea.
In questo articolo su Huffington Post racconto il mio viaggio e con molto realismo, e anche molto disappunto, spiego perché la politica europea di esternalizzazione dei flussi migratori sia ancora completamente fallimentare. Questo non ci esime comunque dal testimoniare, raccontare, visitare e restituire con coraggio e forza le condizioni in cui versano i migranti della rotta balcanica e dal tentare di cambiare la politica europea.