La relazione sull’utilizzo dei Fondi fiduciari e del Fondo per i rifugiati in Turchia, di cui sono stata relatrice e su cui ho lavorato in questi mesi, alimenta una riflessione profonda sull’azione esterna dell’Unione europea e sul tema della gestione dei flussi migratori.

Possiamo affermarlo chiaramente: se da un lato non possiamo accettare ricatti e soprattutto l’utilizzo strumentale dei rifugiati da parte di governi illiberali, come anche recentemente hanno fatto la Turchia e il governo bielorusso, dall’altro, l’Unione europea deve comportarsi con senso di responsabilità e garantire non soltanto il pieno rispetto dei diritti umani, ma anche che i programmi finanziati nei paesi terzi abbiano come obiettivi di lungo termine di cooperazione allo sviluppo, occupazione, istruzione, la sicurezza alimentare. L’azione esterna dell’Unione può avere successo soltanto se si creano condizioni durature e strutturali che possano consentire il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale.

Tutti i progetti finanziati dai fondi fiduciari, quello con la Turchia, devono dunque rispettare pienamente i diritti umani, il diritto internazionale del mare, le convenzioni internazionali sottoscritte dall’Unione, come quella di Ginevra del 1951 sui rifugiati. Purtroppo, questo non è sempre accaduto: penso al caso della guardia costiera libica. Il Parlamento non può in alcun modo accettare che fondi europei finanzino la Guardia Costiera libica per riportare nel porto di Tripoli centinaia di migranti salvati in mare dalle ONG, per poi mandarli centri di detenzione dove si trovano in condizioni disumane, come denunciato non più tardi dello scorso luglio anche dall’OIM e dall’UNHCR. Nel mio intervento in aula ho ribadito un concetto-chiave: “I diritti non sono in vendita”, come aveva detto Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell’Unione.

Per questo nel testo della relazione ho insistito per richiedere l’istituzione di un meccanismo di controllo indipendente capace di monitorare pienamente la destinazione finale di questi fondi, e garantire una valutazione trasparente dell’impatto dei progetti finanziati sui diritti umani dei migranti e dei rifugiati. Il Parlamento europeo sarà un osservatore rigoroso e scrupoloso.