Il caso di Patrick Zaki, ricercatore egiziano sulle politiche per la parità di genere e studente di Master a Bologna, da 14 mesi detenuto in un carcere del Cairo senza una valida motivazione e in attesa di un processo, è ancora al centro dell’agenda politica, benché siano ancora lontane soluzioni accettabili e definitive.
La sua vicenda mi ha colpito personalmente, come docente dell’Università di Bologna, come madre di due giovani studenti, come rappresentante delle istituzioni europee che guarda all’Erasmus come uno dei simboli più importanti del diritto allo studio e del processo di integrazione europea.
Insieme ai miei colleghi della delegazione del PD, ho presentato due interrogazioni scritte alla Commissione europea chiedendo un’azione immediata e coraggiosa dell’Alto Rappresentante Borrell contro il governo Al-Sisi. Abbiamo promosso e fatto approvare a larga maggioranza una Risoluzione in cui il Parlamento europeo chiedeva l’immediato rilascio di Patrick e il ritiro di tutte le accuse contro di lui da parte della magistratura egiziana. Lo scorso aprile il Senato italiano, su proposta del Partito Democratico, ha adottato una mozione che invitava il governo a concedere la cittadinanza italiana a Patrick e a promuoverne in ogni modo la liberazione. Qualche giorno fa la Camera dei Deputati lo ha seguito, votando la mozione proposta dal PD che chiede al governo di concedere la cittadinanza a Zaki. Spero che il governo italiano faccia quanto richiesto dal Parlamento e che quello egiziano ascolti i numerosi e crescenti appelli che arrivano da tutto il mondo per il ripristino dei più basilari principi di umanità.
La casa di Patrick è anche l’Italia, Bologna è la città dove ha trascorso più di 12 mesi.
Per questo occorre compiere ogni sforzo per fargli riconoscere urgentemente la possibilità di tornare a una vita libera, riconquistando il diritto inalienabile alla mobilità, al lavoro e allo studio.