Nonostante la risposta complessivamente positiva da parte dell’Europa, con la definizione di un ambizioso Piano per la Ripresa complessivo da oltre 2000 miliardi, rimangono molte criticità sul piano dell’occupazione femminile. Infatti, mentre la maggior parte delle crisi economiche ha colpito prevalentemente gli uomini, la crisi dettata dal Covid-19 potrebbe avere un effetto sproporzionato sul tasso di impiego delle donne (già molto basso in Italia rispetto alla media europea).
Le donne sono state in prima linea sul fronte della guerra al virus: il 76% dei lavoratori nelle professioni sanitarie sono donne. E in più troviamo manodopera femminile nei settori più duramente colpiti dalla pandemia: il trasporto aereo, l’abbigliamento, la ristorazione, i servizi legati all’ospitalità. Settori che, tra le altre cose, sono maggiormente propensi al lavoro precario. Non a caso già prima della crisi più di una donna su quattro aveva un lavoro precario, e il 30% lavorava part-time.
Il Piano europeo di ripresa sottolinea in maniera corretta che le donne sono tra le categorie di lavoratori più vulnerabili e prevede il finanziamento di politiche sociali importanti come il salario minimo europeo e misure che stabiliscono trasparenza e parità dei salari per uno stesso lavoro – dossier su cui sto lavorando quotidianamente in commissione Lavoro e Affari sociali.
Ma la definizione di politiche giuste e a sostegno della parità di genere non basta per arginare gli effetti pesantissimi della crisi COVID-19. A fianco di queste politiche, servirebbero finanziamenti europei dedicati specificamente ai servizi che aiutano le donne a conciliare famiglia e lavoro e che diano la possibilità e le risorse necessarie per investire su tutta la filiera della scuola e delle strutture educative, troppo trascurate sia nella fase di lockdown che nell’attuale fase di riapertura.
Per questo motivo, insieme alle colleghe della delegazione europea del Partito Democratico, ho chiesto formalmente alla Commissione europea di inserire nel nuovo bilancio pluriannuale una linea di finanziamento ad hoc per migliorare la condizione delle donne nell’Europa post-Covid. Non possiamo lasciare che la pandemia vanifichi tutti gli sforzi fatti finora dall’Europa per ottenere la parità di genere; ma per promuovere queste azioni concrete occorrono risorse espressamente indirizzate alle politiche di genere.
Altrimenti, il rischio che corriamo è che le conseguenze di questa crisi peggiorino ulteriormente le già gravi diseguaglianze nel mercato del lavoro tra uomini e donne: questo non possiamo permetterlo.