Solo due mesi fa sarebbe stato impensabile che la Commissione europea dicesse Stop al Patto di Stabilità. Quello deciso a Maastricht nei primi anni Novanta, quello dei parametri rigidi (sul debito e sul deficit) e quello degli zero virgola. Le leggi finanziarie degli ultimi anni in Italia sono state segnate dall’ossessione del rispetto del Patto di stabilità europeo e del pareggio di bilancio fissato in Costituzione all’articolo 81 nell’ambito del terremoto finanziario del 2008-2012.
La prima, storica decisione della Commissione europea di fronte al diffondersi della pandemia è stata quella di sospendere il Patto di stabilità e di lasciare liberi i governi nazionali di spendere, e spendere subito (anche sforando il tabù del 3% del deficit pubblico). Grazie a questo, il nostro governo è stato in grado velocemente di varare una serie di provvedimenti che, ad oggi, prevedono la mobilitazione di oltre 50 miliardi a favore di cittadini, famiglie e imprese: un volume di risorse mai visto nelle ultime sessioni di bilancio. Altri miliardi per la liquidità delle imprese verranno messi a disposizione.
Accanto alla sospensione del Patto di stabilità (che dunque seppellisce definitivamente anche l’assillo per l’austerità) sono stati liberalizzati gli aiuti di Stato per molti settori produttivi, tra cui anche quello legato ai dispositivi e strumenti sanitari utili per fronteggiare l’emergenza.
È chiaro che con il nostro debito pubblico non sarà facile sostenere queste manovre fortemente espansive e non sarà banale tornare a far quadrare i conti il prossimo autunno in sede di sessione di bilancio, ma le conseguenze di questa pandemia sull’economia e sul lavoro sono tali da mettere da parte ogni cautela.
A questo proposito è stato fondamentale l’apporto straordinario della Banca centrale europea, il Piano di acquisto di titoli di stato da oltre 1000 miliardi (se si considerano anche le giacenze), che per l’Italia si traducono in ben 220 miliardi. Un altro quantitative easing, che ci mette al riparo da turbolenze finanziarie insostenibili, tiene bassi i tassi di interessi e evita sbalzi nello spread. È inaccettabile che questo gigantesco intervento della BCE, il primo fondamentale tassello per evitare la bancarotta in una recessione che arriverà verosimilmente alle due cifre alla fine dell’anno (intorno al -10% del Pil), sia così trascurato e oscurato nel dibattito pubblico italiano.
Siamo dunque nelle condizioni per poter fronteggiare la lunga crisi economica e sociale che nei fatti è già cominciata; e solo chi è accecato dalla stupidità o dalla malafede può ritenere che “senza Europa avremmo potuto fare meglio”.