La pandemia creata dalla diffusione del Coronavirus ha portato allo scoperto tutta la debolezza delle competenze europee in materia di salute. Le politiche sanitarie sono infatti appannaggio degli Stati nazionali, così come quelle che riguarda i servizi alla persona e il welfare in generale.
Il livello di emergenza in corso ha dimostrato come questo modello sia del tutto inefficiente; di fronte all’urgenza di interventi rapidi si sono viste le conseguenze autolesioniste della mancanza di solidarietà e di coordinamento a Bruxelles. Paesi che si sono accaparrati risorse a discapito di altri e chiusure dei confini che hanno impedito l’approvvigionamento e la distribuzione di materiale sanitario.
I virus però non hanno confini e l’emergenza si è estesa a tutti. Ora, se gli egoismi nazionali continuano a mettersi al primo posto gli effetti saranno catastrofici. L’emergenza sanitaria non è un gioco a somma zero.
Qualcosa però si è mosso in questi ultimi giorni. La Commissione europea ha creato ‘RescEU’, una ‘scorta strategica’ di attrezzature mediche per l’emergenza Coronavirus: ventilatori e maschere di protezione, vaccini, terapie e forniture di laboratorio. Si tratta di 50 milioni di euro, finanziati al 90% della UE e gestiti dall’ERCC, il Centro di coordinamento europeo della risposta alle emergenze, che farà anche acquisti comunitari e distribuirà materiale sanitario in tutti gli Stati membri. L’Europa tuttavia deve occuparsi dell’intero coordinamento degli acquisti, dello stoccaggio e della gestione delle crisi sanitarie. Significherebbe disporre di forniture molto più ampie di quanto ogni singolo paese può permettersi e agire velocemente contro la diffusione di malattie infettive, non appena si manifestano.